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Titolo dell’opera: “NINKASI” Servizi per lo sviluppo di un sistema digitale basato su tecnologie open source volte alla misurazione e riproduzione dei parametri organoelettici tipici della produzione di birra artigianale

Intervento realizzato avvalendosi del finanziamento

POR Fesr-Fse – Calabria 14/20

Fondi strutturali e di investimento europei

Progetto Cup n.  J64E14001800005.

ASSE I -PROMOZIONE DELLA RICERCA E DELL’INNOVAZIONE Azione 1.1.2 “Sostegno per l’acquisto di servizi per l’innovazione tecnologica, strategica, organizzativa e commerciale delle imprese”

L’idea: La birra artigianale prodotta con l’ausilio di analisi strumentali digitali avanzate.

Il prodotto artigianale si distingue da quello industriale per una serie di caratteristiche di varia natura: varietà, composizione organolettica, apporto nutrizionale, ecc. che ne determina un gradimento elevato nel consumatore, disposto a spendere per poterla gustare, anche 5 volte il prezzo di una birra industriale.

Il limite del prodotto artigianale si incontra nello sforzo di ricreare ricette di successo il più possibile identiche fra di loro nel tempo, atteso che gli strumenti di controllo dell’artigiano e gli elementi esterni che possono influenzare il prodotto finale restano sempre confinati nella capacità personali di quest’ultimo di governare la complessità del sistema, senza avere un riscontro strumentale di ausilio che protegga da errori umani tipici (malattie dell’apparato orecchio-naso-gola, periodi di differente percezioni dei gusti, dei sapori e degli odori nell’arco dell’anno, variazioni delle componenti di base delle materie prime, ecc.)

Ecco che nasce la nostra idea di creare un sistema di lingua/naso/occhio elettronico che ci supporti nella produzione della nostra birra verificando ex-ante la omogeneità della birra prodotta rispetto alla ricetta campione . Tale idea, qualora lo sviluppo del prototipo dovesse evidenziare potenzialità commerciali, potrà rappresentare anche un prodotto ed un know-how rivendibile all’esterno agli innumerevoli  concorrenti.

Un esempio di introduzione delle tecniche digitali asservite alla produzione di birra artigianale è rappresentato da “AL …  la birra creata con gli algoritmi: ” L’intelligenza artificiale ora è in grado di produrre anche la birra. E il consumatore può contribuire alla ricetta solo scrivendo cosa gli è piaciuto e cosa no. Naturalmente sulla chat del social in blu.  La tecnologia al servizio di uno tra i mestieri più antichi al mondo: il birraio. Cosi nasce AI, la prima birra prodotta con l’aiuto dell’intelligenza artificiale e che modifica le proprie ricette in base ai suggerimenti dei clienti. L’idea è di IntelligentX, startup londinese che ha trasformato le intuizioni degli artigiani della birra un complesso algoritmo che associa le caratteristiche della bevanda a specifici passaggi della produzione, al tipo e alla dose degli ingredienti.Un processo di creazione non inclusivo in cui la battuta finale spetta al consumatore. Dopo aver provato la birra, il cliente è invitato a condividere le proprie opinioni e idee tramite un bot di Facebook Messenger a cui può accedere con un codice stampato sull’etichetta delle bottiglie. Il sistema pone domande sulle preferenze e i gusti della persona e si può rispondere con un punteggio che va da 1 a 10, si o no o a risposta multipla. I feedback vengono registrati e analizzati per individuare le tendenze generali che serviranno per modificare le ricette in base ai trend più significativi. Cosi ogni lotto prodotto sarà differente da quello precedente, ma soprattutto sempre più affine ai gusti dei consumatori.La società sostiene che l’uso dell’intelligenza artificiale aiuterà i birrai a riceverei feedback dal cliente in modo più rapido e semplice: “Crediamo che il futuro sarà un posto dove l’intelligenza artificiale aumenterà le capacità degli uomini. In questo caso, noi la usiamo per dare ai nostri produttori possibilità sovrumane, rendendoli in grado di testate e ricevere feedback sulle proprie birre più velocemente rispetto al passato. Cosi possono rispondere ai gusti dei consumatori meglio dei produttori tradizionali”, ha spiegato il co-fondatore di IntelligentX Hew Leith in un’intervista a Wired Uk.”

Tecniche per la caratterizzazione strumentale

Le caratteristiche sensoriali di un alimento rivestono notevole importanza nella valutazione della qualità di quest’ultimo. Infatti, quando la sicurezza e l’apporto di nutrienti sono garantiti, l’insieme delle caratteristiche visive, gustative e olfattive diventano il fattore discriminante nella definizione della qualità di un prodotto alimentare. Fino a non molto tempo fa, i parametri sensoriali potevano essere valutati con metodologie molto onerose in termini di tempo e spesso inapplicabili in molti settori del controllo qualità, come, ad esempio, l’impiego di panel test. Negli ultimi anni, però, sono stati introdotti sul mercato strumenti che operano con principi simili a quelli olfattivi e gustativi umani, ovvero il naso, l’occhio e la lingua elettronica, i quali permettono di valutare le caratteristiche sensoriali di un alimento in modo rapido. Questi strumenti trovano largo impiego in diversi settori alimentari (birra e bevande alcoliche, carne e derivati, latte e derivati, prodotti della pesca…) per il controllo delle materie prime, la caratterizzazione e la determinazione dell’origine geografica, il monitoraggio in linea delle fasi di produzione, lo studio della composizione, la presenza di odori estranei. Il naso, l’occhio e la lingua elettronica presentano numerosi vantaggi quali la facilità di utilizzo, la velocità di risposta, la versatilità di impiego, l’assenza di necessità di pretrattamento del campione e l’oggettività delle analisi. Inoltre, possono essere di supporto alle analisi chimico-fisiche e all’analisi sensoriale.

1.2 Il naso elettronico 

Negli ultimi 30 anni, sono stati effettuati diversi studi sulla possibilità di simulare l’olfatto umano attraverso un sistema artificiale. Il concetto di “sistema olfattivo artificiale” è stato introdotto nel 1982 da Persaud e Odd, i quali hanno utilizzato un insieme di sensori chimici non specifici per simulare i recettori olfattivi umani, ma solo negli anni Novanta sono comparsi i primi strumenti sul mercato. La definizione di “naso elettronico” che viene attualmente utilizzata è stata proposta da Gardner e Barlett, i quali lo hanno definito come uno strumento che comprende una serie di sensori chimici aspecifici e un sistema di pattern recognition in grado di riconoscere odori semplici e complessi (Gardner & Yinon, 2003). Il naso elettronico emula quello umano attraverso una serie di sensori in grado di simulare la risposta dei recettori olfattivi agli odori. Grazie a una pompa a vuoto, l’aria contente le molecole odorose del campione viene aspirata e trasportata in una camera di misura realizzata in materiale chimicamente inerte come PVC, vetro o acciaio inox. In questa zona, i composti presenti nello spazio di testa del campione vengono a contatto con una matrice di sensori caratterizzati da una scarsa selettività, ovvero sensibili a un’ampia gamma di molecole (Nagel et al., 1998).

L’analisi si compone di tre passaggi:

1. Aspirazione di aria dall’ambiente per effettuare la pulizia dei sensori;

2. Flusso del gas di riferimento (ad esempio, aria ambiente filtrata con passaggio su filtro a carbone) nella camera di misura al fine di stabilire la linea di base;

3. Analisi dello spazio di testa del campione.

Quando i composti volatili vengono a contatto con i sensori provocano una variazione fisica e/o chimica del materiale che li costituisce con conseguente variazione delle loro proprietà elettriche (Arshak et al., 2004). Il risultato che lo strumento restituisce è pari al rapporto tra la conduttività del sensore a contatto con le molecole presenti nello spazio di testa del campione e la conduttività del sensore al passaggio del gas di riferimento.

La parte più importante di un naso elettronico è rappresentata dai sensori, i quali possono essere di diversa formulazione, ma, in ogni caso, operano su una variazione della conducibilità elettrica. I criteri che i sensori devono soddisfare sono alta sensibilità verso i composti chimici e volatili, bassa sensibilità all’umidità e alla temperatura, scarsa selettività verso i composti chimici, alta stabilità, riproducibilità e affidabilità, robustezza, durabilità e facilità di calibrazione. I sensori utilizzati nei nasi elettronici sono generalmente semiconduttori a ossidi metallici (MOS), transistor semiconduttori a ossidi metallici a effetto di campo (MOSFET), polimeri conduttori (CP) e cristalli pinzoelettrici.

Il primo studio inerente l’applicazione del naso elettronico alla birra, nel quale uno strumento dotato di 12 sensori CP è stato utilizzato, con successo, per discriminare tra tre birre commerciali, due lager e una ale, è stato effettuato da Pearce et al. (1993). Successivamente, nel 1995, Tomlinson, Ormrod e Sharpe hanno studiato la possibilità di integrare un naso elettronico a 20 sensori CP nel processo produttivo del loro birrificio (Shaller et al., 1998). Nello studio, sono state esaminate varie birre (quattro lager e cinque ale di marche diverse) e le loro materie prime e, nonostante le sovrapposizioni tra le diverse marche, il naso elettronico ha dimostrato un buon livello di discriminazione tra le lager e le ale. Le birre sono, inoltre, state aggiunte di diacetile, composti fenolici e contaminanti metallici con conseguente variazione del segnale del naso elettronico. Dai risultati dello studio è stato evidenziato come il naso elettronico fosse uno strumento promettente per l’industria della birra nonostante fossero necessari ulteriori studi sulle tecniche di campionamento, oltre che sull’architettura della strumento. Nel 2002, McKellar et al. (Berna, 2010) hanno utilizzato un naso elettronico allo scopo di determinare l’influenza del tempo di invecchiamento sullo sviluppo delle caratteristiche aromatiche di una birra presente sul mercato. Lo strumento è stato in grado di discriminare le birre invecchiate per 12-14 giorni da quelle invecchiate per oltre 14 giorni. Più recentemente, un naso elettronico dotato di 5 sensori MOS è stato utilizzato per valutare l’invecchiamento di alcune birre (Ghasemi-Varnamkhasti et al., 2011). Sono state analizzate birre alcoliche e non alcoliche e si è notato come le prime fossero più stabili nel tempo. Infatti, quando l’alcol etilico viene allontanato dalla birra, una parte dei componenti aromatici viene persa. Inoltre, le birre dealcolate non presentano una concentrazione equilibrata dei composti aromatici provenienti dal processo fermentativo (Sohrabvandi et al., 2010).

 1.3 La lingua elettronica

Il primo lavoro inerente l’analisi di matrici liquidi con sistemi multisensori risale al 1985 (Otto & Thomas, 1985), ma il concetto di lingua elettronica è nato una decina di anni dopo. Infatti, la costruzione di uno strumento composto da sensori in grado di misurare e confrontare il gusto di diversi alimenti ha richiesto la fusione di conoscenze provenienti da diverse discipline, quali sensory technology, metodi di riconoscimento di pattern, intelligenza artificiale e strumenti chemiometrici (Ciosek & Wróblewski, 2007). Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, sulle riviste scientifiche, sono, quindi, apparsi i primi articoli riguardanti la lingua elettronica e, negli anni successivi, l’argomento è stato largamente approfondito. I sensori sono caratterizzati da una bassa selettività nei confronti delle molecole presenti nella matrice alimentare e ciò è dovuto al tentativo di rendere l’attività della lingua elettronica il più simile possibile a quella del sistema gustativo umano. Infatti, la lingua umana è dotata di recettori che percepiscono un insieme di sostanze responsabili del gusto, le trasducono in un segnale elettrico e lo trasmettono al cervello dove il gusto viene percepito. Allo stesso modo, la lingua elettronica è basata sul concetto di selettività globale, termine originariamente proposto da Toko et al. nel 1996, e definito come la capacità di suddividere le sostanze chimiche in diversi gruppi a seconda del loro gusto e la quantificazione di questi ultimi mimando l’attività della lingua umana. Lo sviluppo di una lingua elettronica dotata di sensori a selettività globale è basato su un concetto molto diverso rispetto a quello su cui si 33 basano i sensori chimici convenzionali, i quali sono in grado di rilevare selettivamente una specifica sostanza chimica, come ad esempio il glucosio o l’acido citrico. Infatti, il gusto non può essere misurato anche nel caso in cui vengano identificate e quantificate tutte le sostanze chimiche contenute in una matrice alimentare, in quanto l’essere umano non è in grado di distinguere ogni sostanza chimica, ma percepisce il gusto nella sua totalità. Inoltre, esistono interazioni tra le molecole responsabili dei gusti: ad esempio, le sostanze dolci provocano una minore percezione di quelle amare. Attraverso un’analisi con la lingua elettronica, l’obiettivo, quindi, non è discriminare tra tutti i composti chimici presenti in un campione, ma riconoscere i gusti ed effettuarne una quantificazione (Toko, 2000). Una lingua elettronica può sfruttare l’azione di sensori di diverso tipo: elettrochimici (sensori potenziometrici o voltammetrici), ottici o enzimatici (biosensori). Nella MISURAZIONE DELL’AMARO il problema della regolazione automatica  e’ quello di far raggiungere alla grandezza controllata il valore voluto (il riferimento) entro una banda di tolleranza stabilita, nel piu’ breve tempo possibile e possibilmente senza che si creino “oscillazioni”. La cosa non e’ sempre facile, perche’ per diminuire l’errore (riferimento meno valore effettivo della grandezza controllata) bisogna aumentare l’amplificazione (guadagno), ma questo generalmente comporta un andamento oscillante (in alcuni casi addirittura non smorzato, quindi si ha un sistema instabile). Nonostante il largo utilizzo della lingua elettronica per l’analisi di matrici alimentari liquide, in letteratura sono presenti pochi studi riguardanti la birra. Nel 2006, questa tecnica è stata utilizzata da Ciosek e Wróblewski per effettuare un’analisi qualitativa di diverse marche di birra e uno studio simile è stato effettuato anche nel 2009 da Rudnitskaya et al. analizzando cinquanta campioni di birre belghe e olandesi di diverso tipo (lager, ale, blanche, lambic…). Nello studio, è stata effettuata una comparazione tra i risultati dei test di analisi sensoriale, durante i quali i sette assaggiatori del panel dovevano giudicare la schiuma, l’aroma, il gusto e il restrogusto attribuendo a ciascun parametro un punteggio, e i risultati dell’analisi con una lingua elettronica dotata di 29 sensori potenziometrici. I risultati hanno mostrato come la lingua elettronica fosse in grado di effettuare una maggiore discriminazione tra i campioni rispetto ai membri del panel. Più recentemente, Cetó et al. (2013) hanno utilizzato una lingua elettronica dotata di 20 sensori potenziometrici per la discriminazione di diverse birre presenti sul mercato.

1.4 L’occhio elettronico.

L’area di applicazione di tale strumento  è la spettrofotometria applicata alla birra al fine di determinare in modo oggettivo il colore della birra. Ci sono modi più facili per determinare il colore della birra, come il confronto diretto con i colori campione, tuttavia questo modo ci da la possibilità di valutare anche minime variazioni di colore che intervengono cambiando di poco gli ingredienti o la qualità degli stessi durante gli esperimenti, per evidenziare una tendenza anche minima dalla variazione di colore.

Esistono molti modelli di spettrofotometro presenti sul mercato, tuttavia i costi sono molto alti, si tratta di strumenti di laboratorio che vengono usati in vari ambiti della fisica e della chimica. Il nostro obbiettivo è quello di integrare  uno strumento affidabile per determinare con precisione il colore della birra tra quelli di misurazione del gusto e dell’olfatto. Alcuni metodi per l’analisi di campioni di materiali biologici si basano sulla misura di composti colorati che si formano durante alcune reazioni chimiche che li coinvolgono e l’intensità di un determinato colore può essere usato come misura della concentrazione di una determinata sostanza nel campione in esame. La misura del colore per determinare l’indice di concentrazione di alcune sostanze è noto col termine di colorimetria e lo strumento usato per la misura relativa si chiama colorimetro. La spettrofotometria la tecnica che si basa sulla misura diretta dell’intensità di colore in termini di potere di assorbimento/riflessione della luce da parte di una data soluzione in alcune regioni specifiche dello spettro della luce. In altre parole, banalizzando, si illumina con luce bianca (quindi con una composizione spettrale tale da contenere tutti i colori) una soluzione di cui si vuole misurare il colore, poi si filtrano tramite filtri ottici alcuni colori la cui intensità vogliamo misurare e si inviano a dei sensori che ne rilevano l’intensità. Il tutto in relazione ad un liquido di riferimento di cui conosciamo le caratteristiche (come termine di paragone per tarare lo strumento).

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